venerdì 21 ottobre 2016

La università che fanno trovare lavoro


Ma funziona veramente così?

Leggo un articolo di Stefano Feltri su Il Fatto Quotidiano, che si intitola "Università, ora è ufficiale, alcune lauree sono inutili". Esso fa seguito a un precedente articolo dello stesso autore di circa un anno fa, intitolato "Università, studiate quello che vi pare ma poi sono fatti vostri", in cui sostanzialmente si affermava che con alcune lauree si trova lavoro più facilmente che con altre, e quindi chi si iscrivere a corsi di laurea che "non tirano" lo fa a suo rischio e pericolo. Il recente articolo, che riprende questa tesi, è supportato da una recente indagine dell'Istat che indica come i laureati in Ingegneria, Medicina e in "Difesa e Sicurezza" (?!) trovino lavoro più facilmente che i laureati in altre discipline, in particolare quelle umanistiche. La conclusione è che iscriversi a certi corsi di laurea non solo è inutile, ma addirittura dannoso, visto che alla fine costituiscono solo una perdita di tempo.

Tanto per cominciare, anche se questa è una parentesi in ciò che voglio dire, non avevo idea di cosa fosse la laurea in Difesa e Sicurezza. Secondo la statistica dell'Istat, il 99,4% dei laureati in questa disciplina trova lavoro! Praticamente tutti meno qualche sfigato, verrebbe da dire! E ci tengono nascosto un simile paese del Bengodi!? Poi cercando in rete ho scoperto (fonte) che in "Scienze della difesa e della sicurezza" (ci sono 3 sedi in tutta Italia: Modena, Torino e Enna):

"I laureati sono professionisti, militari o civili, dotati della preparazione culturale (umanistica, socio-politologica, scientifica e tecnologica) e dell'addestramento teorico-pratico adeguati per operare con incarichi di comando, di gestione e di coordinamento (amministrativo, logistico e tecnico-operativo)"

E' una laurea per "professionisti", che in italiano significa che lo fanno per lavoro, e quindi normalmente GIA' lavorano, come militari o come civili. E' una laurea che è frequentata principalmente da chi fa l'Accademia Militare o di Polizia. Quindi un laureato in Difesa e Sicurezza trova lavoro perché fa l'Accademia dell'Esercito e fa il militare di professione, o il carabiniere, o il poliziotto, e non perché la Laurea in Difesa e Sicurezza garantisca sicura occupazione a prescindere. Da cui quel 99,4% di laureati-occupati, talmente alto da dover far nascere un sospetto a chiunque. Un esempio perfetto di come si prendano in modo totalmente acritico le notizie che ci arrivano, senza ragionarci un attimo sopra, e le si ripropongano al pubblico a cervello rigorosamente spento.

Ma a parte questo, è certamente vero che è più facile trovare lavoro se si è laureati in ingegneria piuttosto che in filosofia. Non ne ho il minimo dubbio. Se Feltri si fermasse qui sarei d'accordo, perché starebbe asserendo una quasi ovvietà.

La cosa su cui invece trovo il discorso delirante è che, in base al fatto che si trova più lavoro con ingegneria piuttosto che con filosofia, sarebbe meglio scegliere ingegneria (o una delle facoltà con cui si trova più facilmente lavoro) invece che filosofia (o una delle facoltà con cui si trova più difficilmente lavoro). E trovo irritante che in qualche modo l'autore dell'articolo voglia colpevolizzare chi non fa questa scelta come a dire "bravo coglione! hai voluto fare lettere invece che ingegneria, lo sapevi che non si trovava lavoro, adesso non ti lamentare!"

E invece la domanda che bisognerebbe porsi, quella che Feltri si sarebbe dovuto porre, è: quel laureato in lettere e filosofia che adesso è disoccupato, se invece di iscriversi a lettere e filosofia si fosse iscritto a ingegneria, adesso cosa farebbe? Si sarebbe laureato brillantemente e adesso lavorerebbe, o è più facile che avrebbe abbandonato gli studi perché a lui le materie che si studiano a ingegneria non piacciono e non interessano?

Feltri ragiona come se la scelta dell'università fosse uguale a scegliere un paio di scarpe. Non mi piacciono moltissimo, anzi, per dirla tutta non mi piacciono proprio, ma durano di più... tengono l'acqua... e quindi alla lunga è un acquisto che ripaga! E quindi la mia passione sarebbero i testi dei classici greci, ma siccome con quelli non ci si trova lavoro mi metto a studiare i carichi delle travi portanti o l'asportazione della cistifellea. Tanto più o meno siamo lì come argomento, no? Uno vale l'altro! Come se si potesse così, tranquillamente, mettere in secondo piano le inclinazioni, le attitudini di ognuno, e potessimo ignorare ciò che ci piace ma soprattutto, udite udite, ciò che non ci piace!

Sì perché se ti piace Leopardi e non sei portato per la matematica, non è che puoi chiedere un cervello di ricambio perché con Leopardi non trovi lavoro! Hai questa sfiga, e devi conviverci! Colpa di quei libri che ti appassionavano fin da piccolo, magari, che se sapevi ti mettevi a studiare i cataloghi di condensatori e resistenze, invece di leggerti Anna Karenina, ma ormai cosa ci puoi fare? 

Infatti per fare ingegneria, o medicina (lasciamo stare Difesa e Sicurezza perché abbiamo capito che è una puttanata dire che ci si trova lavoro) ti deve piacere un certo tipo di studi. Non diventi medico se ti fa impressione il sangue, o se di studiarti 7000 pagine di nomi di malattie, ghiandole e principi attivi è ultima tua vocazione nella vita. E se al liceo matematica e fisica proprio le detestavi e invece scrivevi da dio e traducevi Seneca online, non è che puoi improvvisarti studente di ingegneria solo perché poi si trova lavoro.
E ovviamente sarebbe anche vero il contrario se si trovasse lavoro con filosofia più che con ingegneria: non ci si improvvisa appassionati di Hegel se la propria vocazione è fare l'ingegnere aerospaziale.

Se non ti piacciono certe materie, gli studi universitari diventano una pena! Se non ti piacciono le materie che si studiano a ingegneria, col cavolo che ti ci laurei! Non te le fai piacere come ti fai piacere un paio di scarpe! Fai una fatica bestia, e è molto probabile che a un certo punto gliela dai su. E comunque, metti pure che ci riesci, sarai probabilmente un modesto ingegnere di modeste capacità, e tutti quelli bravi ti passeranno avanti. Tutti quelli che avevano la passione per quel tipo di studi.

Questa idea che, siccome i laureati in certi corsi di laurea trovano posto più facilmente, allora conviene studiare quei corsi di laurea, è una emerita sciocchezza, perché non tiene conto delle attitudini individuali, che sono invece determinati per conseguire quelle lauree.

E poi, lasciatemi dire, a costo di apparire retorico, che esistono anche i sogni. Sì, quelle cose che quando hai 18 anni e ti immagini adulto, ti vedi a fare un lavoro che in quel momento senti essere il TUO lavoro, quello per cui sei stato proggettato. Certo, lo sai che sarà quasi impossibile, la parte razionale del tuo cervello te lo continua a ripetere che è molto probabile che prenderai una sprangata sui denti, ma per te quell'idea è talmente importante che ci vuoi credere, e sai che farai tutto il possibile per realizzarlo. E siccome è un sogno, sei certo che lo realizzerai.

I sogni sono un ingrediente essenziale per orientare la propria vita. Sono, oserei dire, il motore della vita. Quello che ti spinge a fare le cose, a trovare la grinta, a superare le difficoltà. Andrebbero incoraggiati, invece che soppressi. Certo, poi si resta spesso scornati, ma avere un sogno (senza voler somigliare a Briatore, o a Crozza che imita Briatore) è fondamentale. "I've got to follow that dream, wherever that dream may lead", cantava Elvis, e accidenti se aveva ragione!

Sì perché io a 18 anni avevo un sogno, quello di diventare uno "scienziato". Volevo diventare un fisico e fare il lavoro del fisico. Sapevo che non era facile, ma nella mia mente sognatrice e ingenua non avevo dubbi che ce l'avrei fatta. E' proprio il potere dei sogni, no? Non si chiamerebbero così, altrimenti! Il potere di farti credere che anche lo cose razionalmente molto difficili possono diventare vere se veramente lo vuoi. E se avessi dato retta al posto facile e all'Istat, probabilmente avrei scelto qualcosa di diverso da Fisica, magari Economia e Commercio, come si chiamava allora, anche se di studiare quella roba non me ne poteva fregare di meno, e forse alla fine mi sarei pure laureato,  e poi magari sarei andato a lavorare in banca o chissà cosa, incrementando di uno la statistica degli occupati per quel corso di laurea.

Per fortuna non l'ho fatto.



7 commenti:

  1. Scrivi in modo così interessante che ti voglio bene d'istinto pur senza conoscerti. Grazie Renato.

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  2. Io ho quasi 60 anni, e non ho avuto la fortuna di potermi laureare, neppure nel settore dei miei sogni, perchè all'epoca i genitori in media ritenevano inutili gli studi e sollecitavano a prendere corsi professionali brevi per rendersi subito in qualche modo utili.
    Una cosa che ho malsopportato personalmente ma è andata così.
    Adesso che questi giovani hanno tutte le opportunità di laurearsi e le famiglie , anche le più semplici, non hanno nulla in contrario a farsi carico dei costi, vedo però un'altra problematica emergente.
    Quella che probabilmente i giovani attuali saranno costretti ,una o più lauree che abbiano, a fare lavori che potrebbe fare anche un analfabeta.
    ( sempre in media generica chiaramente)
    Li vedo adesso già 35 enni in media 'arrabatarsi' tra un lavoro precario e l'altro , e lavori non certo considerati elitari perdipiù malpagati, realtà dolorosa ma spesso constatabile.
    Mi chiedo cosa faranno gli attuali 15/20 enni in futuro, boh, tolti i più fortunati, temo che il panorama sarà desolante.
    Anni fa ho visto un film italiano che definirei 'tragicomico', divertente come film se non fosse che toccava proprio questo tema, e credo che 'tragicamente' non fosse molto lontano da una realtà che rischia di diventare a tutti gli effetti vera.
    Il film si chiamava: " Smetto quando voglio"
    Già adesso è noto che più sono preparati più le opportunità migliori se le trovano le trovano unicamente all'estero.
    Certo che uno non potrebbe fare bene ciò che non sogna di fare, ma quì il problema è persino molto più esteso pare.
    Meglio la conoscenza che no visto che io la mancanza di una laurea l'ho vissuta come lacuna, tuttavia temo che spesso per tirare a campare, molti laureati dovranno adattarsi a fare lavori non idonei in ogni caso.
    Sia che inseguano i loro sogni sia che si adattino per cause di forza maggiore.
    Tristissimo

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  3. D'accordo. Però ...
    la mia impressione è che chi ha un sogno e talento, ha alte probabilità di sfondare pure se studia la Lineare B (no, non è la metro). Il problema è che una percentuale non trascurabile dei laureati in materie "umanistiche" ci arriva senza lode e senza infamia, senza avere alcun talento particolare, nè sogni da realizzare. Per questi è dura davvero.

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  4. anche la mia impressione è che tanti laureati in materie umanistiche le abbiano scelte solo perché "...qualcosa dovrò pur fare...matematica non mi piace, lingue non son portato, economia che schifo..." etc etc, come dice macy67 senza avere sogni o talenti particolari. L'Università non è mica obbligatoria! Si diceva una volta "braccia rubate all'agricoltura"...con tutto il rispetto per chi fa il duro lavoro del contadino, ci sono tanti ambiti in cui cimentarsi, una facoltà purchessia non l'ha mica ordinata il medico (quello che ha fatto medicina perchè ci credeva, spero).

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  5. Esistono organizzazioni sociali, politiche ed economiche in cui il sogno e le inclinazioni sono (1) considerati come elementi che hanno un valore (2) promossi culturalmente (3) permessi e agevolati nei fatti. Un' organizzazione di questo tipo ha come presupposto il perseguimento della piena occupazione ed è ciò che esisteva in europa fino, circa, a prima del 1980. Poi le cose sono mutate ed è venuto meno innanzitutto il punto (3). Una volta rimpiazzato l'obiettivo della piena occupazione con quello della "stabilità dei prezzi" si è realizzato un sistema in cui la scarsità di lavoro è elemento indispensabile per promuovere la competizione sul suo costo (la commissione UE stima che la nostra disoccupazione debba rimanere al di sopra di un certo livello - 12% - per mantenere gli equilibri tra le competitività interne dell'eurozona). Se sei in un sistema del genere si pone per te una scelta tra il tuo "sogno" e la tua sopravvivenza, ti si impone di competere sforzandoti per quanto puoi di renderti "appetibile". Questo cambiamento politico-economico non è stato indotto da un cambiamento culturale ma è venuto "dall'alto", quindi ci troviamo ancora con un sistema culturale in cui diamo valore a diritti, aspirazioni e sogni che non sono più compatibili con lo sviluppo che abbiamo subito. Stefano Feltri - da opinionista ultra-conservatore - ci sta dicendo che di fronte a questa incongruenza tra cultura e realtà politica non dobbiamo pensare di cambiare la realtà, dobbiamo rielaborare i nostri valori.

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  6. Trovo che la posizione di questo post sia eccessivamente manichea: parte dall'assunto che un interesse escluda l'altro, cosa non vera a priori.
    Propongo un caso preciso: il 10% di chi ha fatto la maturità insieme a me ha poi intrapreso gli studi d'ingegneria (me compreso); di questi il 60% è arrivato (tra lacrime&sangue) a laurearsi nella suddetta ingegneria (io sempre tra costoro), mentre il rimanente 40% ha virato altrove, ad esempio su giurisprudenza, diventando poi avvocato (dovendo categorizzare, inserirei giurisprudenza tra le materie umanistiche, dato che scientifica proprio non è).
    E sto parlando di studenti con una maturità classica in tasca, pare incredibile? (Se rispondete "sì", non preoccupatevi, siete in buona compagnia: a distanza di anni ancora ricevo sguardi increduli quando dico che io, ingegnere, ho fatto il liceo classico).
    Per carità, si potrebbe anche desumere che l'errore sia stato fatto 5 anni prima dell'esame di maturità, scegliendo una scuola superiore "sbagliata" e che si sia corretto solo all'università, ma personalmente non mi pento affatto dei miei studi, tutti, e come me quelli che allora erano compagni di scuola e oggi sono anche colleghi.
    Non è quindi assurdo pensare che ci possano essere anche ragazzi indecisi tra i due percorsi, umanistico e scientifico, e che articoli come quello di Feltri pongano degli elementi non secondari nella scelta: "m'interessano entrambi, non so scegliere, ma questo mi offre maggiori garanzie: lo provo"; male che vada, chi ha compiuto una scelta incauta avrà perso un anno (ai miei compagni in quella condizione andava peggio: essendo tutti maschi, di anni ne perdevano 2 dato che c'era ancora la leva obbligatoria).

    Parimenti è anche corretto informare chi sceglie, pur con piena convinzione, un determinato percorso di studi che con tutta probabilità non farà il lavoro per cui avrà studiato

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  7. Personalmente ho sempre ritenuto lo studio delle materie umanistiche meno importante rispetto alle materie scientifiche. Naturalmente questo è un mio limite. Non avendo mai amato le materie umanistiche sono propenso a ragionare così.
    Personalmente ritengo che laurearsi in grego, latino, al giorno d'oggi, sia inutile perché le ricadute nel mondo lavorativo siano minime. O almeno penso che non abbia senso studiare 5 anni filosofia e poi andare a lavorare alle poste. Ma d'altronde se uno non vuole saperne di matematica, fisica ecc.. è giusto che assecondi i suoi sogni. Ma deve essere consapevole che potrebbe, dopo la laurea, fare tutt'altro.

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