domenica 3 gennaio 2016

A domanda risponde

Quello che è normale in campo scientifico non sempre lo è altrove

Ad un programma televisivo un giornalista intervista un personaggio politico. Il giornalista pone una domanda ben circostanziata e puntuale, che richiede una risposta altrettanto ben definita e non ambigua: un si o un no. Una di quelle domande che da casa dici: "Oh! Adesso voglio proprio vedere cosa risponde!" E il politico, invece di rispondere alla domanda, come sarebbe naturale aspettarsi, inizia una lunga perifrasi aggirando la questione, spostando il discorso su altri temi non inerenti, cita un esempio che non c'entra niente ma che gli torna utile, e alla fine non risponde alla domanda iniziale. A questo punto ti aspetteresti ingenuamente che il giornalista torni sulla questione, facendo notare che la sua domanda è rimasta completamente senza risposta, e invece lo vedi che sfoglia le sue carte e passa ad un’altra domanda come se niente fosse, e quella precedente rimane così senza risposta. 
 
Situazioni di questo tipo sono comunissime nei dibattiti politici, tanto che ormai non ci si fa più  molto caso. Alle domande, anche a quelle importanti, anzi, soprattutto a quelle importanti, non è necessario rispondere, ma è sufficiente manifestare un’opinione decisa e forte su un qualche argomento, non necessariamente inerente al tema della domanda, e tutti sono contenti.

Mi capita spesso di fare presentazioni scientifiche nelle quali riporto ad altri colleghi i risultati del mio lavoro. E’ normale, in queste situazioni, che vengano poste domande di vario tipo. Alcune sono semplici richieste di chiarimento, ma altre sono a volte obiezioni sostanziali sul metodo adottato, sull’interpretazione dei risultati, e più  in generale sul lavoro svolto. Obiezioni che mirano a verificare la correttezza delle affermazioni e dei risultati che vengono presentati.

Di fronte a situazioni di questo tipo un ricercatore ha due sole possibilità: rispondere alla domanda nel modo più esauriente possibile, confutando l’obiezione nel modo più convincente, oppure ammettere cdi non aver tenuto in considerazione quell’aspetto del problema, o che comunque su quel punto specifico ci sta ancora lavorando, e che presenterà  successivamente studi più accurati. Evitare di rispondere alla domanda spostando il discorso su un altro argomento è semplicemente impensabile, perché alla fine la domanda verrebbe comunque riproposta fino a che non verrà data una risposta sufficientemente adeguata e esauriente.

In ambiente scientifico questa è la prassi, e non ci sono alternative. Nessuno si lamenta o protesta di fronte a questo modo di procedere, che è condiviso e pienamente accettato da tutti. Nessuno si sente perseguitato o si offende se gli altri pretendono risposte esaurienti sul suo operato. Se i risultati del proprio lavoro non vengono presentati al resto della comunità e passati al setaccio della critica dei colleghi non potranno mai essere pubblicati e resi noti. Non si può eludere questa fase. 

E’ per questo che rimango esterrefatto quando questa regola di comportamento che ritengo assolutamente normale, l’unica accettabile, addirittura l’unica possibile, viene violata spudoratamente in tante situazioni della quotidianità, come ad esempio nel dibattito politico e economico. Ma la cosa che trovo veramente sorprendente è che non solo l’intervistato eviti di rispondere, ma che l’intervistatore non pretenda la risposta!

Il modo di procedere della ricerca scientifica passa attraverso questi semplici gesti di onestà e trasparenza, perché la scienza deve essere trasparente. Non si può semplicemente chiedere agli altri di fidarsi della veridicità di una scoperta scientifica, non si può chiedere di fidarsi del proprio lavoro, ma bisogna fornire al resto della comunità tutti gli strumenti per controllare se quello che si afferma è vero oppure falso perché frutto di un'errore o un'errata o incompleta valutazione del problema. Sembrerebbe quindi una norma comportamentale ovvia e scontata per qualunque tipo di attività  umana che abbia un impatto importante sulla società, ma sappiamo che non e’ cosi’. Sappiamo che in molti campi chi avrebbe il dovere di rispondere evita di farlo, e chi di mestiere deve invece porre le domande trova poi normale che non gli si risponda.

1 commento:

  1. In verità ho trovato trasparenza in qualsiasi campo negli ambienti seriamente professionali.
    A fare la differenza non è l'importanza dell'argomento ma il tipo di persone che partecipano al dibattito.
    Forse le sembrerà parecchio ovvia questa cosa, ma, ricordando questa premessa, non trovo così inusuale che in politica, così come in ogni altra attività che accoglie o richiede persone non competenti (o ancor peggio completamente ignoranti), si tenda a non fare le cose in maniera corretta.
    In sostanza non capisco cosa la sorprenda. Che al gente sia così tonta e superficiale? Che i giornalisti stiano al gioco? Beh, che ci sono gli imbecilli ormai è assodato.

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